Quella della fluitazione del legname in Valsugana era una storia pressoché totalmente dimenticata. Una storia tuttavia importantissima, non solo per conoscere le vicende passate dei boschi delle Alpi, ma anche per comprendere come le forme e le strutture odierne dei boschi derivino spesso da un’antichissima interazione tra esseri umani e foreste.
Il Museo etnografico del legno di Carzano (TN), qualche anno fa, ha intrapreso delle ricerche per trovare delle tracce sul terreno dell’antica fluitazione e, per fortuna, sono state individuate delle testimonianze mute, dirette e indirette. A partire da queste tracce, insieme ai documenti ritrovati presso l’Archivio di Stato di Trento dal dottore forestale Mario Cerato, è stato possibile ricostruire in modo sufficientemente dettagliato le complesse e travagliate vicende della fluitazione sul Brenta e sul suo affluente più importante della Valsugana: il torrente Maso.
E’ disponibile anche una puntata di “Uomini e Boschi”pt.27, (https://youtu.be/bENZsLvVjTo?si=apRKRct8mjkJ4aEQ) un format video a cura della Fondazione Museo storico del Trentino, è dedicata proprio a questa storia affascinante. Si tratta di un filmato, di circa 25 minuti, che rappresenta un tuffo nel passato e nella storia, ma anche un’occasione per riflettere sul futuro. Un futuro che, a causa della crisi climatica che si sta mostrando con forza nei boschi trentini, prima con Vaia e poi con l’infestazione di bostrico tipografo, ci spinge a lavorare con più forza di prima per indirizzare i boschi verso strutture più resilienti, biodiverse e multifunzionali.
Mario Cerato è anche uno dei tanti esperti intervistati nel libro “Sottocorteccia – Un viaggio tra i boschi che cambiano”, il primo volume targato L’AltraMontagna. Nel libro, Cerato parla della fine della fluitazione, avvenuta a partire dalla grande alluvione del 1882, e dei successivi rimboschimenti, molti dei quali di abete rosso in purezza, che oggi vengono definiti in modo un po’ semplicistico come “monocolture”.
“L’abete rosso è stato piantato in buona parte dove cresceva naturalmente, anche se sono stati realizzati impianti in purezza, ovviamente semplificati rispetto ai boschi naturali”, spiega Cerato nel libro. “Ma quei rimboschimenti sono stati salvifici, sia per la tenuta dei versanti che per l’economia di queste valli! Per questo non accetto che oggi queste grandi opere vengano definite un errore… quando si parla di storia, tutto va contestualizzato, ed un eventuale giudizio va pesato analizzando a tutto tondo l’epoca in cui le attività sono state svolte. Oggi è davvero difficile immaginare com’era il paesaggio di metà ‘800 sulle Alpi, com’era davvero la vita di quella povera gente, ma è uno sforzo fondamentale se vogliamo comprendere la storia dei nostri boschi. Perché uomini e boschi, sulle Alpi, hanno sempre camminato insieme”.
“Vaia e il bostrico sono arrivati in boschi in fondo un po’ ibridi”, spiega ancora Cerato in Sottocorteccia, “boschi sui quali già da decenni era cominciato un percorso di profondo cambiamento gestionale, ma che ancora risentivano della loro natura artificiale e della passata gestione. Paradossalmente, questi eventi estremi hanno accelerato un processo positivo, già innescato dagli anni Sessanta attraverso la selvicoltura naturalistica, proprio in quei boschi piantati su ampie superfici dopo la grande alluvione del 1882 e fino all’immediato secondo dopoguerra”.
Mario Cerato è autore del libro: “Una storia dimenticata. Le vicende della fluitazione del legname sul torrente Maso”, disponibile presso Museo etnografico del legno di Carzano, Sito in Località Prà dell’Ovo – Val Calamento.
Per saperne di più sul bostrico è di recente uscito SOTTOCORTECCIA. Un viaggio tra i boschi che cambiano, il primo libro targato L’AltraMontagna.